Cuba e la competizione con Big Pharma

Cuba Vaccino Foto

A cura di Giorgio Oldrini

In questa corsa al vaccino anti Covid 19 si è inserita anche Cuba, con 4 tipi in avanzata sperimentazione. Il più prossimo a tagliare il traguardo è il Soberana 2, ma anche Soberana 1, Abdala e Mambisa sono in dirittura d’arrivo.

Un Paese povero che si inserisce nella competizione tra aziende del Big Pharma? Strano, ma solo per chi non conosce la scelta politica, e non solo, di Cuba dopo la vittoria della Rivoluzione del 1959. Fin dai primi giorni il governo rivoluzionario ha scelto di puntare molte delle sue carte sulla istruzione e sulla salute, anche se nei mesi di quel 1959 -1960 – 1961 molti medici scelsero di lasciare il loro Paese per andare negli Stati Uniti, in Spagna, in altri luoghi dell’America latina.

E dato che la solidarietà internazionale è stata una delle scelte portanti della Rivoluzione, nel 1960 Cuba mandò un gruppo di suoi medici ed infermieri in Cile, a Valdivia, colpita dal più tremendo terremoto mai registrato nel mondo, grado 9.5. A Cuba i medici, dopo la fuga di molti di loro, erano ormai la metà di quelli presenti nel 1958, ma da subito si decise di aprire l’Università a tutti e di indirizzare molti studenti alla Facoltà di medicina. Che, con decisione originale, non dipese dal Ministero dell’Università, ma da quello della Salute.

Pochi anni dopo, nel 1963, la prima missione medica in Algeria. Sono una cinquantina gli operatori sanitari cubani che arrivano ad Algeri. Anche qui dopo la vittoria e la conquista dell’indipendenza dalla Francia, si registra una fuga di medici verso Parigi. È evidente che la stragrande maggioranza di questi sanitari operavano nelle città e che i luoghi più periferici erano comunque abbandonati. Ma in quei mesi anche nei centri più ricchi i medici erano scomparsi. Così Cuba, che conosceva bene gli effetti dell’esodo, mandò una brigata sanitaria. Iniziava quello che Fidel Castro definì “el ejercito de las batas blancas”, l’esercito dei camici bianchi.

Da allora sono stati decine di migliaia i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari che hanno lavorato per periodi lunghi o brevi in una settantina di Paesi di tutto il mondo, in Africa, in Asia, in America Latina. Spesso in condizioni molto difficili, nei luoghi più appartati e sfortunati, dove i medici di quei Paesi non volevano assolutamente andare. Oggi sono circa 30 mila gli operatori sanitari cubani in “missione” in una sessantina di nazioni. Spesso presso comunità che in precedenza non avevano mai visto un medico. A volte gli Ordini medici locali protestano per la presenza di quegli strani colleghi che assistono gratuitamente i pazienti. Ma poi succede come in Brasile, dove all’arrivo al governo del reazionario Bolsonaro i sanitari cubani erano stati cacciati. Salvo poi chiedere che tornassero davanti alle proteste delle popolazioni.

Diverse le modalità di rapporto. Il governo cubano manda i suoi medici, infermieri, tecnici di laboratorio gratuitamente a quelle nazioni che sono povere. Una solidarietà Sud-Sud originale. Con Paesi latinoamericani, come il Venezuela, si organizza una sorta di scambio: operatori sanitari in cambio di petrolio o di altri generi essenziali. Così come cure negli ospedali dell’isola, soprattutto oculistici o per i bambini di Chernobyl nel centro per i pionieri di Tafafà. Chi può pagare paga e alcune di queste missioni diventano fonte di ingresso di risorse importante per una economia sempre in difficoltà come quella cubana.

L’idea però è di aiutare a costruire sistemi efficaci in molte nazioni. Così all’Avana ormai da alcuni decenni vive la Scuola latinoamericana di medicina che ha formato decine di migliaia di medici di tre continenti, e gli studenti per avere accesso gratuito agli studi devono impegnarsi a tornare alla fine dei corsi nel Paese di origine ad assistere i loro connazionali.

Quello che ora mi interessa particolarmente è fare alcune considerazioni sulla pandemia da Covid-19. Penso che Cuba abbia una delle conoscenze maggiori al mondo dei differenti problemi sanitari. I suoi medici si sono confrontati con ogni tipo di problema, da quelli da traumi per essere accorsi in vari Paesi colpiti dal terremoto, a quelli delle malattie tropicali. Ma in particolare hanno affrontato malattie virali ovunque. Negli anni ’80 fecero fronte a due epidemie di Dengue a casa propria (e mia moglie ed io ne abbiamo sofferto). Nel 2014 brigate sanitarie cubane sono accorse in Africa occidentale, in Sierra Leone, Liberia, Guinea su richiesta dell’Organizzazione mondiale della sanità per fronteggiare Ebola. Unico Paese a inviare personale sanitario per curare i malati di questa tremenda epidemia. Ora per la Covid-19 medici, infermieri, tecnici dell’isola sono andati in 27 Paesi del mondo. Tra questi anche l’Italia e la Spagna, nazioni della sviluppata Europa occidentale.

Oltre a curare, naturalmente raccolgono una quantità di informazioni scientifiche vaste, che confluiscono poi negli Istituti di ricerca all’Avana, come il Finlay Institute, e sono alla base dei vaccini che stanno ormai entrando in produzione di massa. Per questo che Cuba si sia inserita nella corsa al vaccino anti coronavirus con le grandi aziende del Big Pharma non è una sorpresa.

Per approfondire

Sito del Finlay Institute

https://www.finlay.edu.cu/en/

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