
a cura di Marilena Vimercati
“Il faut oser tout examiner, tout discuter, tout enseigner même” Condorcet
Continuando la tradizione che vede da anni il CESPI impegnato nelle scuole per celebrare il giorno della memoria venerdì 28 gennaio 2022 e giovedì 3 febbraio Vittorio Gioiello e Rosa Mastrogiacomo, rispettivamente direttore e componente del Direttivo del Cespi, hanno incontrato gli studenti degli ultimi due anni dell’Istituto Erasmo da Rotterdam a Sesto S. Giovanni.
L’obiettivo ogni anno è offrire ai ragazzi occasioni di riflessione sulle costanti che caratterizzano gli avvenimenti storici in un continuum dal passato al presente.
L’approccio nuovo proposto quest’anno si basa sul diario di un soldato che ripercorre i giorni della sua prigionia in diversi lager dell’impero austro-ungarico, tra i quali Ostfyasszonyfa in Ungheria: quel soldato è il nonno di Rosa Mastrogiacomo la quale ha voluto rendere omaggio alla sua memoria pubblicandolo nel libro “Un diario dimenticato tra guerra e migrazione”: ed è proprio il titolo a suggerire i due elementi della contemporaneità con cui ancora oggi facciamo i conti.

Rosa non ha mai conosciuto il nonno Pasquale se non attraverso i ricordi del padre e poi grazie al diario da lui scritto mentre era prigioniero dal settembre 1917 fino alla fine della guerra. Tuttavia la cosa più umiliante, dopo la guerra in trincea e la prigionia nel campo, è stata dover sopportare da un lato il disprezzo delle autorità italiane che accusavano i prigionieri di essere disertori usandoli come capro espiatorio a giustificazione della sconfitta di Caporetto e dall’altro lato il dolore per la perdita della moglie e di un figlio causata dalla famigerata influenza spagnola che ha fatto tra i 50 e 100 milioni di vittime nel mondo, molte, molte di più della stessa guerra.
Quello di Pasquale non è certo l’unico diario: molti sono gli scritti, i diari e le lettere, lasciati da prigionieri di guerra che, censurati dalle autorità italiane e relegati per anni negli archivi di guerra, solo di recente sono stati recuperati, grazie soprattutto alle fondamentali ricerche della storica sociale Giovanna Procacci.
Queste testimonianze forniscono uno spaccato interessante delle condizioni di vita della gente comune le cui esperienze personali sono determinate da dinamiche e scelte che vanno al di là delle persone stesse: i documenti autentici utilizzati nell’insegnamento/apprendimento della storia accrescono negli studenti quell’importante atteggiamento del “porsi domande” che sta alla base dell’acquisizione di consapevolezza dei molteplici elementi che concorrono a definire un determinato evento e dell’abitudine a considerare la complessità come orizzonte nel quale collocare il passato, ma anche il presente.
Perché un approccio narrativo? La narrazione è da sempre lo strumento che l’uomo utilizza per attribuire significati alle sue esperienze e per dare senso alla propria vita e al mondo in cui vive.
In qualsiasi forma offre uno strumento prezioso alle persone per risignificare un’esperienza traumatica, nel nostro caso l’esperienza della migrazione e della guerra unita a quella della prigionia, e che si è configurata come “rottura biografica”, un vero e proprio punto di frattura nella trama esistenziale. Scriverne aiuta a ricostruire la nuova identità che ne deriva.
28 gennaio e 3 febbraio 2022: l’incontro con gli studenti dell’Istituto Erasmo da Rotterdam
Nella prima giornata la classe VB del Liceo delle Scienze Umane ha partecipato all’incontro in presenza mentre altre quattro classi del IV e V anno hanno seguito online. Anche nella seconda giornata si è ripetuta la medesima formula con una classe in presenza e altre collegate online in ottemperanza alle misure di sicurezza ancora vigenti per l’emergenza Covid-19.
Nell’intervento introduttivo Vittorio Gioiello ha delineato la complessità del contesto nel quale nasce il primo conflitto mondiale e illustrato le eterogenee e intrecciate questioni di fondo da far risalire a molti decenni prima sia per quanto riguarda i paesi europei che per gli Usa, argomento sul quale sta scrivendo un saggio di prossima pubblicazione. Coltivare negli studenti l’abitudine ad approcciare la complessità e l’intreccio degli avvenimenti ponendosi via via sempre più domande è il messaggio chiave di questo primo intervento.
La prof.ssa Rosa Mastrogiacomo ha invece raccontato le sfide che il nonno paterno ha dovuto affrontare prima con l’emigrazione dalla Puglia per sfuggire al caporalato, lì unico sistema per reclutare la forza-lavoro, per trasferirsi al Nord con le conseguenti difficoltà di inserimento a causa dei forti pregiudizi nei confronti dei meridionali, e poi con l’esperienza di soldato in trincea e di prigioniero dove ha condiviso la sorte di molti altri soldati semplici che, come lui, avevano un unico imperativo: sopravvivere al delirio della fame. La lettura di alcune pagine del diario del nonno prigioniero ha catturato l’attenzione di tutti i presenti, studenti e docenti.
Per gli studenti si è trattato di una scoperta: quello dei campi di prigionia della Prima Guerra Mondiale è infatti un argomento delicato da un punto di vista storico, celato dalle fonti ufficiali e ignorato dalla storiografia fino agli anni ’80 e ’90 del Novecento.
Nella nostra mente riecheggiano i nomi dei campi di concentramento nazisti, ma molti di quei luoghi sono stati anche i centri di raccolta dei 600.000 prigionieri italiani catturati nella guerra del 1915-18, che in quei campi, e in molti altri, vissero e morirono: di essi più di 100.000 non fecero ritorno alle loro case. La responsabilità di quei morti non fu tanto dei governi nemici ma delle autorità politiche e militari italiane che non vollero soccorrerli, riservando loro una tragica sorte ben diversa da quella dei prigionieri dei loro alleati. I soldati che ebbero la fortuna di rientrare in Patria dopo la prigionia, non poterono subito tornare alle proprie case, proprio come accadde a Pasquale, perché venivano “concentrati” in campi appositi, distribuiti nelle retrovie delle linee italiane, per essere interrogati su quello che avevano vissuto: su di loro infatti gravava il sospetto di essere “portatori di idee sovversive” e di “diserzione”, ma anche per essere messi in una specie di quarantena a causa della terribile epidemia di spagnola.
Il punto di vista della scuola
La prof.ssa Giacinta Di Russo, da noi intervistata, si è dichiarata soddisfatta degli incontri che il Cespi ha organizzato: studenti e docenti hanno seguito con molto interesse le relazioni e apprezzato l’impostazione delle ricostruzioni proposte anche perché ben si raccorda con un approccio da lei condiviso nella didattica della storia, che impiega fonti dirette, orali e scritte, quali le testimonianze, per mostrare come la dimensione storica attraversi le biografie individuali e queste a loro volta possano diventare oggetto di una ricostruzione storica. A conclusione del IV anno di studi aveva consigliato alle sue studentesse (la classe VB è composta da sole ragazze) la lettura del libro “La ragazza di Marsiglia”di Maria Attanasio perché, al di là di una scrittura limpida e appassionante “rigorosamente storici sono gli eventi, le cronologie, e i movimenti esistenziali che strutturano la narrazione” la quale vuole rendere “umanamente e storicamente giustizia” a Rosalia Montpasson, moglie di Francesco Crispi, unica donna ad aver partecipato alla Spedizione dei Mille. Rosalia e Francesco si erano incontrati a Marsiglia: Rosalia, lavandaia e stiratrice, divenne mazziniana e lo seguì in tutte le sue azioni clandestine fino a quando Crispi, entrato in Parlamento, abbandonò gli ideali mazziniani e lei divenne un personaggio scomodo nella sua vita pubblica. Crispi riuscì a farsi annullare il matrimonio e da quel momento, Rosalia Montmasson fu fatta sparire dai libri, e dalla memoria collettiva, una totale rimozione dalla storia risorgimentale.
Recuperare la figura di questa donna, invisibile nella storia ufficiale, ha permesso loro di considerare gli avvenimenti storici da una prospettiva soggettiva e di cogliere il significato che essi hanno avuto nelle vite dei protagonisti contribuendo a far acquisire una conoscenza storica più consapevole.
Il riscontro delle studentesse è stato positivo, prosegue la prof.ssa Di Russo, soprattutto perché accedendo, tramite la lettura, alla figura di Rosalia sono state sorprese sia dal temperamento straordinario, ribelle a ogni condizionamento e in cui molte si sono rispecchiate, sia dalla sua vulnerabilità rispetto al marito, elementi che, congiunti, hanno fatto loro avvertire la complessa dimensione storica e umana della sua vita.
Sempre la prof.ssa Di Russo ci fa notare che in preparazione dell’incontro del 28 febbraio con il Cespi ha suggerito alle studentesse l’uso di una fonte digitale da reperire online su un sito dedicato alla prima guerra mondiale per approfondire la questione della violazione del diritto di guerra da parte delle potenze coinvolte e la condizione dei prigionieri italiani. “Diverse erano le domande che le ragazze avrebbero voluto porre durante l’incontro, ma il tempo è volato e non è stato possibile. Tuttavia il giorno dopo nelle mie ore di lezione le studentesse hanno voluto riprendere alcuni punti degli interventi, in particolare per approfondire le conseguenze della chiusura delle frontiere per i prigionieri, la tutela dei prigionieri di guerra nell’evoluzione del diritto internazionale, i contraccolpi del blocco navale inglese”.
Creare un pre e un post è sicuramente un’ottima strategia didattica per favorire negli studenti l’integrazione tra le nuove informazioni ricevute dal confronto con esperti esterni e le conoscenze già acquisite, che ne risultano ulteriormente potenziate e arricchite.
“L’amnesia storica si paga socialmente”
Così scrive M.me Cresson nel Libro Bianco della Commissione europea sull’istruzione e la formazione “Einsegner et apprendre: vers la societé cognitive”. In una società in cui l’individuo dovrà sempre più essere in grado di comprendere situazioni complesse che evolvono in modo imprevedibile, in cui dovrà affrontare un cumulo di informazioni di ogni genere – leggiamo nel documento – esiste un rischio di separazione fra coloro che sanno interpretare, coloro che sanno soltanto utilizzare e coloro che sono emarginati in una società che li assiste. In altri termini, in coloro che sanno e coloro che non sanno.
Per far fronte alle sfide poste dalla società della conoscenza la prima risposta che possono fornire l’istruzione e la formazione è lo sviluppo di una cultura generale: infatti solo una base culturale solida e ampia, letteraria, storica, filosofica, scientifica, tecnica e pratica può garantire lo sviluppo della capacità di cogliere il significato delle cose, comprendere e dare un giudizio.
Se, come scrive Paolo Rumiz, La memoria si coltiva come si coltiva la terra. La si rivolta la si concima, non basta affermare a parole che il passato è la chiave per capire il presente, ma occorre fornire occasioni di incontro con le memorie scritte anche della “gente comune” così come è accaduto negli incontri con gli studenti dell’Erasmo da Rotterdam che hanno conosciuto la guerra e la prigionia attraverso le tappe del percorso emotivo, gli stati d’animo di un soldato semplice.
Un contributo del CESPI a rendere viva la storia calata nella vita delle persone, suscitare domande, fare collegamenti, interrogarsi sul senso di ciò che è accaduto per acquisire consapevolezza del nostro camminare e costruire storia. Un contributo che cade su un terreno già fertile, preparato dalla scuola ad accoglierlo.
Non a caso Saverio Tutino, fondatore dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, chiama il suo archivio “vivaio”, un termine che rimanda a qualcosa che germoglia, brulica, rumoreggia, cresce.
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Per approfondire
Rosa Mastrogiacomo Un diario dimenticato tra guerra e migrazione Libreria Bramani Editore, 2019.
Eugenio Masucci e Leopoldo Riccardi di Lantosca Calvario d’oltr’Alpi – appunti e note di 29 mesi di prigionia in Austria-Ungheria Angelo Signorelli, 1918.
Maria Attanasio La ragazza di Marsiglia Sellerio Editore, 2018.
M.me Cresson Einsegner et apprendre:vers la societé cognitive Libro Bianco della Commissione europea, 1995.
Giovanna Procacci Soldati e prigionieri italiani nella grande guerra Bollati Boringhieri, 2016.
Lorenzo Cremonesi Da Caporetto a Bagdad – la Grande Guerra raccontata da un inviato nei conflitti di oggi Mondadori Electa, 2017.
Camillo Pavan I prigionieri italiani dopo Caporetto (con allegato elenco dei campi di concentramento Austro-ungarici, Bulgari, Germanici e Turchi durante la 1° Guerra Mondiale 1915-1918) Ed. Camillo Pavan, Treviso, 2001.
Paolo Rumiz Come cavalli che dormono in piedi Ed. Feltrinelli, 2019.
“La Grande Guerra, i diari raccontano”
La grande guerra dei Gualdesi. Sito con elenco di tutti i campi di prigionia