Enciclica “Fratelli tutti”: i migranti, i giovani, la nuova economia

di Aldo Silvani

Quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare (129). Questi quattro verbi riassumono efficacemente, secondo le indicazioni del Papa nell’Enciclica “Fratelli tutti”, quanto chi accoglie i migranti dovrebbe promuovere. Non solo Papa Francesco afferma che non si tratta solamente di “calare dall’alto programmi assistenziali”, ma di percorrere assieme, i migranti e chi li accoglie, un cammino che, nel rispetto delle identità culturali e religiose di ciascuno, e quindi delle differenze, ci coinvolga tutti.

I principi su cui si basa l’accoglienza diventano quindi politica dell’accoglienza. Infatti il Papa non si limita ad esortare ma fa proposte concrete (130). Esorta a “incrementare e semplificare la concessione dei visti; adottare programmi di patrocinio privato e comunitario; aprire corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili; offrire un alloggio adeguato; a garantire l’accesso ai servizi essenziali; ad assicurare una adeguata assistenza consolare; a garantire il possesso di documenti personali di identità e un accesso imparziale alla giustizia; a garantire la possibilità di aprire conti bancari, a garantire la sussistenza vitale e la possibilità di lavorare; a proteggere i minorenni e garantire loro l’accesso all’educazione e infine garantire la libertà religiosa (130).  Questo lungo elenco sembra sottintendere che non sempre questi diritti, nella realtà dei vari paesi di arrivo, vengono garantiti.

Ma il Papa si spinge oltre: per promuovere un corretto inserimento sociale stimola a favorire i ricongiungimenti familiari e, cosa molto importante, a preparare le comunità locali ai processi di integrazione. Un rapporto di fratellanza non può essere solo unidirezionale, da chi ospita a chi è ospitato, ma bidirezionale. L’incontro di culture diverse non può essere il calare dall’alto che ha come conseguenza la perdita dell’identità culturale del migrante, ma il confronto, il dibattito anche vivace ma che lascia spazio al riconoscimento di valori che ogni cultura porta con sé e soprattutto alla consapevolezza che le cause delle differenze economiche e sociali indicano pesanti responsabilità dei paesi sviluppati che ancora si oppongono al tentativo di superarle. E qui il discorso del Papa diventa geopolitico. “Al di là delle diverse azioni indispensabili, gli stati non possono sviluppare per conto proprio soluzioni adeguate poiché le conseguenze delle scelte di ciascuno ricadono inevitabilmente sull’intera Comunità Internazionale” (132). Non solo:  nell’ampiezza e nella complessità delle analisi che l’enciclica ci propone le difficoltà nel promuovere l’integrazione dei migranti si scontrano con le iniquità delle condizioni economiche e sociali che esistono anche nei paesi che li accolgono. L’enciclica condanna questa realtà nella lucida critica alla cultura dello scarto che accumuna sia i deboli e gli emarginati dei paesi che accolgono i migranti, sia i migranti stessi. L’enciclica sottolinea chiaramente le ingiustizie che un liberismo e un capitalismo senza regole e senza etica producono all’interno degli stessi paesi ospitanti.

E’ importante sottolineare, a proposito della critica di Papa Francesco ai sistemi economico e finanziario che guidano l’economia e la politica del mondo sviluppato e che sono una delle cause del sottosviluppo dei paesi a basso reddito, lo straordinario evento promosso dal Papa stesso in diretta streaming da Assisi pochi giorni dopo la promulgazione dell’enciclica, evento cui hanno partecipato oltre duemila imprenditori e studenti di economia di tutti i continenti. In tale evento, cui i media non hanno dato il dovuto risalto, si è discusso di un nuovo sistema economico che mette al centro la persona e “non concentri il suo interesse immediato sul profitto come unità di misura e sulla ricerca di politiche pubbliche simili e che ignorano il proprio costo umano, sociale e ambientale”; un nuovo sistema economico che metta al centro la persona, che coinvolga responsabilizzandole nella progettazione le nuove generazioni attualmente messe al margine. La nuova politica, la nuova economia e la nuova finanza dovrebbero essere inoltre rispettose dell’ecosistema, come i giovani gridano a gran voce. Proprio la loro chiamata in causa potrà aprire le porte a una diversa visione del futuro. Per Francesco le regole attuali dell’economia sono infatti totalmente immorali. Anche una reale integrazione dei migranti non sarà possibile se un governo globale non si farà carico delle ingiustizie e non riuscirà a risolverle in un’ottica di carattere planetario.

Nell’immediato promuovere l’integrazione dei migranti non sarà sufficiente se nel contempo non si favorirà lo sviluppo dei paesi di provenienza (132). E d’altra parte, promuovere l’integrazione dei migranti significa modificare le direttrici dell’economia e insieme fare un cammino per “costruire Città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana” (129).   

Occorre quindi dare vita a una governance globale per le migrazioni che vada oltre l’emergenza. Nei rapporti quotidiani con i migranti, così come nei rapporti tra paesi di accoglienza e paesi di provenienza, occorre “non sottomettere gli aiuti a pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate”. La strada da percorrere, come emerge chiaramente dall’enciclica, non è quella di imporre ai migranti e ai paesi di provenienza da parte del mondo ricco modelli di sviluppo, realtà sociali e culturali estranei, ma il confronto, il riconoscimento reciproco e l’accettazione di elementi di specificità che fanno parte dei rispettivi patrimoni culturali. Solo da un confronto alla pari, fraterno, può emergere la ricomposizione delle differenze, differenze che possono pacificamente convivere e pacificamente interagire.

Non partiamo da zero. Vi sono esempi piccoli ma significativi di questo vivere fraternamente le differenze. Ne cito solo due fra i tanti. L’esperienza di accoglienza di Riace, bruscamente interrotta proprio quando si cominciava a vederne il risultato, ma che potrebbe ricominciare, e la proposta di legge di iniziativa popolare “Ero straniero” sostenuta da cittadini sensibili al problema e da associazioni, organizzazioni ecclesiali, sindacati, organismi del terzo settore che, a partire dall’abolizione della legge Bossi-Fini propone una nuova normativa che contiene molte delle proposte di Papa Francesco. Tale proposta giace in Parlamento, bloccata anche dai problemi legati alla pandemia, Ci si augura che possa iniziare il suo percorso parlamentare, pur se lento e faticoso.

Quello proposto dall’enciclica di Papa Francesco è un percorso di accoglienza molto impegnativo, a lungo termine, come tutte le grandi visioni ideali e politiche, ma proprio per questo aperto al futuro e alle nuove generazioni.

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