
di Salvatore Sinagra (Comitato Scientifico CESPI)
Sabato 3 settembre 2022 il centro di Praga, la famosissima Piazza Venceslao (Václavské náměstí), è stato invaso da 70.000 manifestanti che protestavano contro il governo Fiala. Alla manifestazione si sono visti esponenti del partito di destra xenofoba Libertà e Democrazia Diretta (SPD – Svoboda a Prímá Demokracie), del partito ultraconservatore Trikolora e del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM – Komunistická Strana Čech a Moravy).I manifestanti chiedevano in prevalenza le dimissioni del governo, una Repubblica Ceca “indipendente” dall’UE e dalla NATO e l’avvio di una trattativa diretta con la Russia per la ripresa delle forniture del gas. Diversi giornalisti hanno notato anche taluni partecipanti scagliarsi contro l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le “politiche vacciniste” ed i migranti. Il premier Fiala non ha esitato a definire i manifestanti “persone che non fanno gli interessi della Repubblica Ceca”, altri esponenti del governo, con un’inflazione al 17,5%, pur qualificando la manifestazione come un’azione politica di forze estremiste, hanno affermato di capire le ragioni della piazza e di essere intenzionati a lavorare per trovare soluzioni. Il principale oppositore del governo in carica, il milionario Andrej Babiš, oltre il 30% dei consensi nei sondaggi, che il giorno prima aveva provato senza successo a sfiduciare il governo, non ha aderito alla manifestazione antigovernativa. Il 28 settembre, pur non raggiungendo i numeri della manifestazione del 3 settembre, le forze di estrema destra e i comunisti sono tornati in piazza. I sindacati hanno organizzato una manifestazione per il carovita l’8 di ottobre, facendo attenzione a non mischiarsi con l’estrema destra.
La piazza di Praga non è indicativa di alcun imminente cambiamento di posizione nella politica internazionale della Repubblica Ceca, nel recente passato piazze di orientamento politico atlantista e pro-occidente hanno visto sfilare almeno 250.000 persone (si fa riferimento alla manifestazione di Letná del 2019 contro i conflitti d’interesse dell’allora premier Babiš) e in tutta la storia postcomunista della Repubblica Ceca i partiti anti-NATO e pro-Russia hanno spesso ottenuto molti più voti di quelli che secondo i sondaggi oggi hanno le tre forze politiche che hanno aderito alla manifestazione del 3 settembre. Tuttavia, in Repubblica Ceca, primo paese per PIL pro capite dell’Europa post-comunista, paese che ha gestito la transizione con un’inflazione e disoccupazione abbastanza basse, e che secondo le misure tradizionali (coefficiente di Gini) sarebbe tra i più “egualitari d’Europa” è fortissima la percezione di ingiustizia sociale e disuguaglianza.
Esiste ampia letteratura sull’insoddisfazione dei cechi nei confronti della politica e dei partiti tradizionali, non pare invece sia stata adeguatamente approfondita l’insoddisfazione dei cechi per la loro condizione economica.