
di Salvatore Sinagra (Comitato Scientifico CESPI), per Contropiede
Il primo di una serie di approfondimenti di Contropiede sull’Est Europa. Situazione economica, sociale e politica della Repubblica Ceca, un Paese che dalle elezioni del 2021 ha visto emergere uno scenario complesso.
- Introduzione: contesto storico, sociale, economico, politico
La Repubblica Ceca (o Cechia) ha poco più di 10 milioni di abitanti, è quindi un paese medio piccolo. E’ stato il primo paese postcomunista dell’Europa Centrale e Orientale ad entrare nell’OCSE nel 1995 ed il primo (insieme a Polonia e Ungheria) ad entrare nella Nato nel 1999. Il 2021 è iniziato con il sorpasso in termini di PIL pro-capite (dati 2020) alla Spagna -si prospettava anche quello all’Italia[1]– e si è concluso con un appello in cui 32 top manager cechi sostengono che la trasformazione dell’economia, avvenuta dopo il 1989, basata su un costo del lavoro basso, soprattutto in relazione alla buona qualità della forza lavoro, e su investimenti esteri è stato un successo ma ha prodotto un modello ormai in modello “esausto” e serve una nuova trasformazione dell’economia, basata sulla ricerca e sull’iniziativa di attori cechi[2].
La Repubblica Ceca si differenzia dagli altri paesi postcomunisti della sua area geografica perché tra le due guerre mondiali era una funzionante democrazia (La Prima Repubblica Cecoslovacca fondata nel 1918 che collassò nel 1938 dopo l’invasione della Germania) mentre Polonia, Ungheria e Slovacchia erano regimi autoritari, dittature alleate di Hitler o stati fantoccio del Reich; perché ha lunghe tradizioni industriali, mentre alla fine dell’ottocento tutti i paesi dell’area erano prevalentemente agricoli, ed ha una lunga storia di partecipazione, a titolo d’esempio molti meno slovacchi che cechi furono coinvolti nella resistenza contro il comunismo.
Il regime comunista Cecoslovacco, assai più repressivo di quello ungherese e polacco, collassò all’improvviso; divenne Presidente della Repubblica uno dei leader della dissidenza, il drammaturgo Václav Havel. Dapprima emersero due cartelli di forze anticomuniste, il Forum Civico (Občanské fórum) nella parte ceca e il suo corrispettivo slovacco Pubblico Contro la Violenza (Verejnosť Proti Násiliu). Con le elezioni del 1992 nella parte ceca si affermò Partito Civico Democratico (Občanská Demokratická Strana – ODS) di destra thatcheriana guidato da Václav Klaus e nella parte slovacca il Movimento per una Slovacchia Democratica (Ľudová strana – Hnutie za demokratické Slovensko, ĽS-HZDS) forza populista guidata Vladimir Mečiar. La costituzione, concepita durante il periodo comunista e mai provata in democrazia, ingessava il paese e non si trovava un equilibrio tra i due leader, che di fatto concordarono il divorzio tra Repubblica Ceca e Slovacchia che divenne effettivo il primo gennaio 1993.